Regime dei minimi in Italia: che cos'è e come funziona

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Ulteriori informazioni 
  1. Introduzione
  2. Che cos’è il regime dei minimi
  3. Come funziona il regime dei minimi
  4. Differenze tra regime dei minimi e regime forfettario
  5. Elementi da considerare nel passaggio dal regime dei minimi a quello forfettario

Diventare lavoratori autonomi e aprire una Partita Iva è una decisione importante nella vita di un professionista. In Italia ci sono diversi regimi fiscali e contabili tra cui scegliere: ordinario, semplificato e forfettario. È tuttora in vigore, però, un regime che i titolari di Partita Iva potevano scegliere in Italia fino al 2015 in presenza di specifici requisiti; si tratta del cosiddetto regime dei minimi. In questo articolo scoprirai che cos'è il regime dei minimi, qual è la differenza tra il regime dei minimi e quello forfettario e quali sono i vantaggi del passaggio dal regime dei minimi a quello forfettario.

Contenuti dell'articolo

  • Che cos'è il regime dei minimi
  • Come funziona il regime dei minimi
  • Differenze tra regime dei minimi e regime forfettario
  • Elementi da considerare nel passaggio dal regime dei minimi a quello forfettario

Che cos'è il regime dei minimi

Il Regime dei minimi, disciplinato dall'art. 27 co. 1, 2 e 7 del D.L. n. 98/11 e successivamente abrogato dalla Legge n. 190/14, è un regime fiscale per i titolari di Partita Iva che svolgono attività di lavoro autonomo (professionale o di impresa). Introdotto nel 2007, è stato poi modificato nel 2011 e non è più in vigore dal 2016. Prevede un'agevolazione fiscale, in quanto ha una tassazione con aliquota ridotta al 5%, ed era nato con l'obiettivo di favorire l'avviamento di nuove attività, soprattutto per i lavoratori autonomi e i giovani imprenditori, riducendo i costi amministrativi e la pressione fiscale.

Attualmente non è più possibile aderire al regime dei minimi, ma coloro che hanno aperto la Partita Iva entro il 2015 potevano accedervi se rispettavano requisiti specifici, i più importanti dei quali erano i seguenti:

  • Avere meno di 35 anni (in questo caso si era obbligati a cambiare regime al compimento dei 35 anni)
  • In caso di età superiore a 35 anni, il regime dei minimi aveva una durata massima di 5 anni

Come funziona il regime dei minimi

Le persone che hanno avviato un'attività con il regime dei minimi prima del 2016 e non hanno ancora compiuto 35 anni possono ancora usufruirne, a condizione di rispettare i seguenti requisiti:

  • La somma dei ricavi ottenuti durante l'anno non può superare i 30.000 €.
  • L'acquisto di beni strumentali negli ultimi tre anni di attività non deve superare un massimo di 15.000 €.
  • Come già menzionato, il regime dei minimi ha una durata limitata: i professionisti che avevano optato per questo tipo di contabilità e avevano superato i 35 anni d'età potevano applicare il regime dei minimi per 5 anni; i più giovani, invece, possono ancora usufruirne fino al compimento dei 35 anni.
  • Non è consentito assumere lavoratori dipendenti.
  • Non si è tenuti al mantenimento di alcun libro contabile, ma è obbligatorio fatturare, numerare correttamente le fatture (con numerazione progressiva) e inserire le clausole che dichiarano il regime contabile adottato.

Differenze tra regime dei minimi e regime forfettario

Dal 2016, il regime dei minimi è stato sostituito dal regime forfettario, il nuovo regime fiscale agevolato. Un professionista che attualmente aderisce ancora al regime dei minimi può passare a quello forfettario al compimento del trentacinquesimo anno di età, oppure qualora abbia perso i requisiti per restare nei minimi. Ma vediamo quali sono le principali differenze tra il regime dei minimi e quello forfettario:

  • Il regime dei minimi prevede un'imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP) del 5% per tutta la durata del regime, mentre le nuove attività che adottano il regime forfettario possono beneficiare di un'aliquota fiscale del 5% solo per i primi 5 anni, mentre in tutti gli altri casi l'imposta sostitutiva è del 15%.
  • Il regime dei minimi prevede un limite di fatturato annuo di 30.000 €, mentre il tetto massimo per il regime forfettario è passato da 65.000 a 85.000 € con la legge di bilancio 2023.
  • Il regime dei minimi prevede un tetto massimo di spesa per i beni strumentali di 15.000 €, mentre nel forfettario questo limite è stato abolito.
  • Il regime dei minimi permette la deduzione delle spese, mentre nel forfettario questa è fissa e stabilita dalla normativa a seconda del tipo di attività svolta (e quindi a seconda del proprio codice ATECO).
  • Mentre il regime dei minimi non consente l'assunzione di personale, con il regime forfettario è possibile avvalersi di collaboratori a condizione che il compenso lordo annuo non superi i 20.000 €.
  • Il regime dei minimi non prevede agevolazioni contributive, mentre in quello forfettario è possibile ottenere una riduzione del 35% dei contributi per artigiani e commercianti.
  • Dal 1° gennaio 2024 è obbligatoria la fatturazione elettronica per chi aderisce al regime forfettario, mentre chi è ancora nel regime dei minimi non è soggetto a questo obbligo.

Elementi da considerare nel passaggio dal regime dei minimi a quello forfettario

Dal 2016 non è più possibile aderire al regime dei minimi, che è stato sostituito da quello forfettario. Per poter passare dal regime dei minimi a quello forfettario è opportuno consultare il commercialista di fiducia. Ci sono diversi elementi da considerare prima di valutare la convenienza del passaggio. Vediamo quali sono quelli principali:

  • L'impatto dell'aumento dell'imposta sostitutiva, che passa dal 5% al 15%.
  • La differenza nella determinazione del reddito imponibile. Nel regime forfettario non è più possibile dedurre le spese professionali, ma la deduzione delle spese viene stabilita ad una percentuale fissa a seconda del tipo di attività. Di conseguenza, il passaggio può essere conveniente per chi sostiene pochi costi, come i professionisti.
  • L'impatto dal punto di vista previdenziale per tenere conto, per gli artigiani e i commercianti, della possibilità di sfruttare la riduzione contributiva.

È utile sapere che molti dei vantaggi che presentava il regime dei minimi rimangono invariati nel regime forfettario. Ecco quelli più importanti:

  • Si è esenti dall'applicazione della ritenuta d'acconto in fattura (tale esenzione per il regime dei minimi è stata introdotta con la riforma del 2011).
  • Anche il regime forfettario, come quello dei minimi, esonera coloro che vi aderiscono dall'applicazione dell'Iva in fattura ai propri clienti. Non detraggono quindi l'Iva sugli acquisti, non liquidano l'imposta, non la versano e, di conseguenza, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale Iva.
  • Non è obbligatorio tenere registri contabili, né presentare bilanci annuali.
  • In entrambi i casi la tassazione rappresenta un'imposta sostitutiva (di IRPEF, IVA, IRAP, IRES e ulteriori addizionali comunali e regionali).

Sebbene un'attività ora non possa più adottare il regime dei minimi, il regime forfettario rappresenta sicuramente una valida alternativa per le attività perché semplifica il più possibile il carico amministrativo e alleggerisce la pressione fiscale, mantenendo diversi dei vantaggi del vecchio regime dei minimi.

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I contenuti di questo articolo hanno uno scopo puramente informativo e formativo e non devono essere intesi come consulenza legale o fiscale. Stripe non garantisce l'accuratezza, la completezza, l'adeguatezza o l'attualità delle informazioni contenute nell'articolo. Per assistenza sulla tua situazione specifica, rivolgiti a un avvocato o a un commercialista competente e abilitato all'esercizio della professione nella tua giurisdizione.

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